Sale ed aspetto

Quanto mi annoia aspettare.

Cioè, io sono una donna molto paziente, ma aspettare mi indispone.

Ci sono contesti in cui l’attesa mi sembra solo il frutto di disorganizzazione e questa cosa mi indispone (l’ho già detto sì?)

Aspettare nove mesi per un bambino mi sembra giusto, per esempio; dover aspettare cinque ore perché mi palpino le tette, e non per piacere, non mi sembra un cazzo giusto.

Sicché eccomi qui, seduta il più in disparte possibile, con su la mia espressione da stronza asociale più riuscita, una rivista nella borsa, il pc acceso sulle gambe.

Ho fretta di finire un libro, che a dire il vero mi sta annoiando un po’, per cominciarne uno scritto da un conoscente.

Ed invece ho aperto word ed ho cominciato a scrivere.

Intanto, se la cosa vi può interessare, mi si è seduta accanto una temeraria: donna, credo sulla cinquantina; indossa Narciso, ed è l’unico motivo per cui non cambio di posto. Sbircia quello che sto scrivendo…CIAO SIGNORA, LEGGI PURE, SONO SOLO SCIOCCHEZZE! ANZI, DIMMI UN PO’ ANCHE TU COSA NE PENSI.

Tornando a noi.

Mi guardavo intorno questa mattina e pensavo al dolore ed alle sue manifestazioni.

In un contesto in cui, evidentemente, tutte abbiamo qualcosa che non va, mi sembra che qualcuno cerchi di far sembrare il proprio dolore più importante, più meritevole di considerazione.

L’ espressione contrita che assumiamo guardando gli altri dall’alto del nostro dolore; la dichiarazione, tra il rassegnato ed il tronfio, degli anni trascorsi a frequentare quel reparto; tutti quei “sapessi io”, esibizionismo travestito da solidarietà.

Ecco, io non amo condividere i miei problemi di salute con perfetti sconosciuti, indipendentemente dall’entità del problema. Non apprezzo la filosofia del “è più semplice parlarne con un estraneo”. Per me è più semplice non parlarne affatto, piuttosto che suscitare sim-patia mista a pietà in chi non conosce neppure il mio nome.

Penso anche che chi ha un problema serio, chi prova un grande dolore, non lo ritenga argomento di conversazione da sala d’aspetto, né tantomeno di vanto.

GRAZIE SIGNORA, TI VEDO ANNUIRE. INTERVIENI PURE SE VUOI.

Perché un conto è esibire, o peggio ancora esibirsi, un conto è condividere.  Condividere il dolore, la sofferenza, è un atto di estrema fiducia e coraggio. Non si condividono solo i sintomi, ma paure e fragilità. Chi condivide “si mette da parte”, ascolta e nella maggior parte dei casi si trova a dover “subire” un monologo che termina in un abbraccio.

Come puoi quindi condividere con un perfetto estraneo??

Poi capita che una signora sulla cinquantina ti si sieda accanto; indossa il tuo profumo preferito, ed il suo sguardo è morbido, fiero ma morbido.

Capita esca dalla sala visite in lacrime. Le nasconde subito sotto gli occhiali da sole ma tu le vedi.

Capita ti si avvicini e ti ringrazi. Lo dice proprio: Grazie.

E va bene così. Anzi no. Vaffanculo.

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